Di Roby Noris
Difficile per i cattolici svizzeri capire quale sia la posizione da prendere
rispetto all'iniziativa "Gioventù senza droghe" e di conseguenza
la politica federale in materia di droga, volendo rispettare sia le indicazioni
del Magistero, sia quelle dei Vescovi Svizzeri. Evidentemente la questione è
sociale e politica e le indicazione della Chiesa pur essendo da considerare
con serietà non hanno lo stesso peso e non richiedono l'ubbidienza dovuta
a questioni di fede o di morale.Legalizzazione e liberalizzazione sembrano essere
le parole chiave necessarie per capire quanto dica il Magistero sulla tossicodipendenza.
Almeno così sembrerebbe considerando alcuni interventi che pongono diversi
interrogativi ai quali cercheremo di rispondere con i contributi che vi proponiamo
nelle pagine che seguono.
Cominciamo con l'ultimo numero di Dialoghi dove Aldo Laffranchi fa più
volte riferimento a presunte confusioni sui tre termini di depenalizzazione,
legalizzazione e liberalizzazione, nel documento del Pontificio Consiglio per
la Famiglia "Liberalizzazione della droga?" Per capire se ci fosse
davvero una confusione sui termini abbiamo intervistato il Cardinal
Alfonso Lopez Trujillo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia;
da quell'incontro ci sembra che la prospettiva del documento pontificio sia
completamente diversa rispetto alla preoccupazione formale della distinzione
terminologica che ci appare legata più allo stadio attuale del dibattito
in Svizzera che alla sostanza del problema droga.
La consigliera federale Ruth Dreifuss nel recente dibattito pubblico a Lugano
Trevano, citando l'ultimo numero di Caritas Insieme, riguardo alla posizione
del Papa in materia di droga affermava: Ho costatato che la discussione e in
particolare le citazioni riportate della posizione della Chiesa e del Papa,
non portano sulla discussione che ha luogo attualmente in Svizzera. Il Papa
non ha mai preso posizione sulla questione di sapere se come metodo per esempio
il metadone o altre terapie che s'appoggiano su delle sostanze è buona
o cattiva. È intervenuto sul dibattito della liberalizzazione, sul libero
mercato delle droghe, sulla distribuzione generale delle droghe. Queste politiche
che si possono effettivamente chiamare liberali, non sono quelle del Consiglio
Federale, che infatti si oppone all'iniziativa "Droleg" sulla quale
avrete l'occasione di andare a votare prossimamente. Dunque quello di cui parliamo
noi, é una terapia che s'appoggia su dei prodotti di sostituzione come
il metadone, o su dei prodotti analoghi per permettere di rompere il circolo
vizioso del consumo illegale. Ma il documento del Magistero non lascia nessuno
spazio all'utilizzazione di droghe, e quindi chiude ogni possibilità
di valutazione di qualsiasi forma di legalizzazione persino delle sostanze sostitutive
come il metadone, figuriamoci dell'eroina. Bisogna probabilmente cercare di
uscire per un attimo dalla logica strettamente politica della votazione del
28 settembre, dimenticando percentuali e schieramenti politici, per cogliere
il senso delle indicazioni pastorali che la Chiesa può dare, allora forse
si può comprendere che la Chiesa non può che richiamare all'uomo,
alla sua umanità e al suo bisogno di accoglienza ed è difficile
immaginare che lo possa fare accettando la logica perdente del male minore.
Doppiamente delicata e complessa da valutare diventa allora la presa di posizione
della Conferenza Episcopertine/copale Svizzera espressa in un comunicato che invita senza
mezzi termini a respingere l'iniziativa "Gioventù senza droghe":
una dichiarazione che sembra un appoggio incondizionato al documento di Caritas
Svizzera contro l'iniziativa più che una vera presa di posizione approfondita
dai Vescovi, con la speranza che dopo la votazione, come dice l'Abate di Hautrive
padre Mauro Lepori articolo alla pagina seguente , "troveranno il modo
di esprimere più adeguatamente la loro carità pastorale"
Ma se Caritas Svizzera è favorevole all'eroina di Stato, altre Caritas
Nazionali vicine a noi la pensano ben diversamente, come ci ha espresso il direttore
della Caritas Italiana don
Elvio Damoli, perfettamente in sintonia col documento pontificio sulla droga.
Ma è facile mettere tutte le Caritas nello stesso calderone: riceviamo
così messaggi di chi non ci sosterrà più perché
è convinto che siamo favorevoli alla distribuzione di droga. E sempre
su Dialoghi, citando un passaggio del documento "Cura della vita"
della Caritas Ambrosiana, si afferma che l'organizzazione milanese "si
è detta aperta alle forme di legalizzazione nei casi di cura della vita":
la cosa non è piaciuta affatto al direttore don Virginio Colmegna che
ha definito inesatta e totalmente decontestualizzata la citazione di Dialoghi.
Il punto nodale in fondo è semplice: se si parte dall'idea che dalla
droga c'è chi non uscirà mai e che una società deve convivere
con questo male sociale, allora giustamente si può puntare sul contenimento
dei danni e sulla cura palliativa dei sintomi. Ma se si parte dal presupposto
che dalla droga sia sempre possibile liberarsi, allora diventa inaccettabile
distribuire il veleno che si vuole combattere anche se così facendo si
limitassero davvero i danni, cosa del resto tutta da dimostrare. Né schematismi
facili, né integrismi a buon mercato, ma solo la speranza per l'uomo
e la certezza che valga sempre la pena di lottare per una società migliore.
Anche quando sembra impossibile rispondere alla sfida di trentamila tossicomani,
se non cedendo all'ipotesi perdente del tenerli ancora in schiavitù legalizzando
la sostanza che li ha in pugno. Per qualche danno in meno. La prostituzione
infantile nei paesi meta del turismo del sesso non si riesce a debellare: legalizzandola
si potrebbe forse diminuire la diffusione dell'AIDS fra i bambini. Qualche studio
scientifico potrebbe dimostrarlo. Spero che in nessun paese di questo pianeta
si debba mai votare una follia simile e che si abbia il coraggio di lottare
contro queste tragedie umane affermando sempre che con il male non si viene
a patti.